VISITA AL BRACCIO DELLA MORTE
Ci sono due strade per arrivare al braccio della morte. Una è commettere dei crimini, e l’altra è una lunga, desolata strada di campagna, con niente sul percorso tranne gli ostacoli per diminuire la velocità. Ho un amico che scelse la prima strada, e a causa di questo io ho scelto la seconda. Il mio viaggio verso il braccio della morte è iniziato sei mesi fa, quando è cominciata la mia corrispondenza con un condannato a morte. L’ho “incontrato” attraverso uno spazio Internet. James ed io siamo diventati presto grandi amici e ci siamo scritti regolarmente.
James cercava un amico. Un amico per la vita, o per il resto della vita, che nessuno sapeva quanto potesse durare ancora. Voleva un amico che potesse capire la lotta che sta combattendo per il diritto di vivere, e qualcuno che potesse incoraggiarlo.
Io sono stata, sono e continuerò
ad essere quest’amica. Ma qualche volta una lettera non serve a riempire il
bisogno di comprensione umana quando si è chiusi in una cella di 6x9 piedi da
dieci anni.
Qualche settimana fa James mi ha chiesto di fargli una visita. Ho pensato al momento in cui mi sarei trovata davanti al cancello, a tutte le domande che mi sarebbero state fatte, alla perquisizione per farmi entrare, e alla fine al fatto di rimanere chiusa in una stanza insieme a un condannato a morte.
Ero spaventata, ma allo stesso
tempo emozionata. Ho deciso di provare, e gli ho detto che sarei andata.
Domenica scorsa ho percorso per tre ore la strada per il braccio della morte, e
ogni minuto delle tre ore ho provato le stesse sensazioni, di terrore ed
emozione, che ho provato quando ho ricevuto la sua richiesta di incontrarci
faccia a faccia.
Quando arrivi alla prigione entri nella stanza dei visitatori, dove controllano e verificano che la tua visita sia stata approvata. Poi ti dicono di uscire, e passare nella prigione vera e propria attraverso due porte di vetro. Dopo le porte di vetro ti trovi in una sala d’attesa, dove il tempo medio di attesa è di circa 30 minuti, dopo di che ti chiedono di toglierti le scarpe, svuotare il portafoglio, posare l’orologio e tutto ciò che hai in tuo possesso. Ma non è la cosa peggiore, il passo dopo è il più duro. Una volta lasciata quest’area, devi passare attraverso un metal detector, e la guardia ti fa attraversare una serie di porte che sbattono alle tue spalle, fino a quando sei completamente all’interno delle mura della prigione. E tu pensi che se mai succede qualcosa, per esempio una rivolta carceraria, sei bloccato! La guardia seguente ti guida attraverso un passaggio lunghissimo, che intimidirebbe chiunque.
Il passaggio è bordato da una
recinzione di filo spinato, è alto circa 20 piedi e perfino il soffitto è
blindato. Quando arrivi al fondo entri nell’edificio “P”, che è il braccio
della morte.
L’edificio “P” è dove i condannati a morte passano ogni ora dei giorni che gli rimangono. Anche quando gli è permesso di uscire in cortile, sono sempre nell’edificio “P”. Quando entri in questo edificio sei circondato da sbarre e da guardie, è massima sicurezza. Una volta attraversata la grata, entri una stanza che sembra una piccola caffetteria. In quel momento, è arrivato James. E’ stato sorprendente. Voglio dire, lo conoscevo ed è un caro amico, ma non è stato come nei film, con una lastra di vetro fra di noi. Quando ha detto faccia a faccia era proprio così! Come deve essere fantastico per i condannati poter abbracciare i loro figli, le madri o le mogli. C’erano molti altri condannati che ricevevano visite quel giorno, e James me
ne presentò qualcuno. Lì dentro
potevano camminare liberamente.
Era un po’ surreale. Ero seduta
tra uomini che la società considera “il peggio del peggio”, “i mostri”, uomini
che giudici e giurie sono buoni solo per la morte e per la sedia elettrica. La
prima volta che fai quest’esperienza non riesci a concentrarti nella
conversazione. Intorno a te ci sono condannati che abbracciano i loro bambini e
gente che parla con i propri familiari, che sono stati condannati a morte. Ma
dopo un po’ riesci a riprenderti e parlare finalmente con la persona a cui hai
scritto per mesi. All’inizio non ti vengono le parole, poi ti vengono tutte
insieme, e non ti accorgi del passare del tempo. James mi ha detto in una
lettera che mi ha scritto la notte seguente, che era terribilmente nervoso,
perché dopo 10 anni nel braccio della morte non era più sicuro di sapersi
comportare con buone maniere, ed era preoccupato di dire qualcosa che potesse
riuscire offensivo. Non avrebbe dovuto esserlo, è stato un ospite gentilissimo.
Alle 3 finisce l’orario di visita.
Verso le due alcuni cominciano a salutarsi, e la gioia scompare dalle facce dei
condannati, anche se ne rimane un’ombra dopo che sono riusciti a parlare con
qualche persona cara. L’amministrazione ti permette di scattare una foto
istantanea, devi pagare 2$ per ogni foto. I prigionieri hanno pochissimi soldi,
ma James ha insistito per farci fare quattro foto, due per me e due per lui, da
tenere in cella.
Uscendo dalla prigione senti una
strana sensazione di libertà, che non puoi capire se prima non sei stato lì
dentro. Apprezzi la tua libertà, non vedi l’ora di salire sulla macchina,
correre a casa a farti una doccia, fare una corsa intorno a casa, o qualsiasi
cosa… perché tu puoi farlo! Allo stesso tempo ti senti triste, solo, depresso.
Non per te stesso, ma per la persona che hai lasciato lì dentro, in mezzo al
filo spinato, alle sbarre, alle torri con le guardie, perché loro non possono
fare niente.
La via per il braccio della morte
è stata una giornata memorabile. Mi ha lasciato ricordi indelebili, e l’immagine
di un amico. La strada che ho preso, quella lunga strada di campagna.. beh,
lasciatemi dire che sono contenta di avere preso questa strada invece della
prima, perché posso tornare a casa.
Kim
(fonte: National Coalition To Abolish the Death
Penalty)